Dal 31 dicembre 2021 la norma che prevede l’indicazione in etichetta della provenienza del grano sulle confezioni di pasta (ma vale anche per il riso, per la passata di pomodoro, per il latte, per i formaggi e la carne di maiale nei salumi) decadrà.

Il nuovo corso prevede indicazioni sulla provenienza degli ingredienti principali (se diversi da quello che la confezione lascia intendere), consentendo però una maggiore flessibilità circa le note che si riferiscono all’origine delle materie prime.

Ad esempio la pasta con una bandiera italiana sulla confezione, dovrà riportare se la materia prima prevalentemente adoperata è nazionale o proviene da un altro Paese, altrimenti non sarà obbligata a scrivere nulla.

L’obbligo di etichettatura nella pasta, considerato in un primo tempo dai grandi operatori nazionali come una sorta di sciagura, in realtà si è dimostrato con il tempo un efficace strumento di marketing.

Tutto nasce dall’insufficienza della disponibilità di grano duro italiano per l’industria pastaria nostrana: nei primi dieci mesi del 2020 l’import di grano duro è cresciuto di 521.000 tonnellate, per un controvalore di quasi 682 milioni di euro.

Lo stato da cui importiamo il maggior quantitativo di grano duro è il Canada, ovvero una zona del mondo dove le basse temperature non consentono una maturazione naturale della pianta, che per completare il suo ciclo colturale ha bisogno di essere irrorato con massicce dosi di glifosato.

L’utilizzo del glifosato è vietato in agricoltura in Italia, ma con il grano importato da altri Paesi questo divieto viene aggirato.

Ma l’aspetto agronomico non è l’unico a condizionare la qualità fitosanitaria del grano canadese, infatti i lunghi periodi necessari per il trasporto marittimo e l’elevato grado di umidità sono il viatico ideale per lo sviluppo di micotossine, ovvero delle muffe che possono causare effetti cancerogeni e disturbi a livello estrogenico, gastrointestinale e renale. Alcune micotossine sono inoltre immunosoppressive e riducono la resistenza alle malattie infettive (Fonte: European Food Safety Authority).

I controlli sulle navi cariche di grano estero, che arrivano nei nostri porti, non sono sempre puntuali e meticolosi, aumentando così la probabilità che la pasta venga prodotta con materia prima non sicura.

Di contro, il grano duro prodotto alle alte temperature tipiche del nostro meridione esclude la presenza di micotossine e solo questo ne giustificherebbe l’utilizzo esclusivo.

L’aumentata informazione sul tema e la conseguente maggiore consapevolezza dei consumatori ha recentemente provocato uno stravolgimento nelle abitudini dei consumatori, che ormai prediligono un prodotto 100% italico: l’anno scorso le vendite di pasta totalmente italiana hanno registrato un incremento del 29%.

 

 

Articolo integrale e fonte:

https://www.altropensiero.net/sulle-barricate-per-il-made-in-italy-della-pasta/